Il muro esterno del complesso del BrolettoDeturpamento e imbrattamento di cose altrui. Questo il capo d'imputazione formulato nei confronti di Riccardo Oliva - ventottenne ritenuto, almeno in gioventù, vicino al movimento anarchico e non nuovo alle aule del Palazzo di Giustizia - "pizzicato" con una bomboletta spray in mano dinnanzi al muro esterno del "Broletto" di Corso Matteotti, in una serata del 2012, mentre era intento... a coprire una svastica. Ebbene sì, come ricordato anche dal legale del giovanotto, l'avvocato Luca Salvioni del Foro di Bergamo, il proprio assistito, "come ha candidamente ammesso", al momento dell'arrivo delle divise si stava apprestando a oscurare uno dei tanti - ne sono stati contati una quindicina, in uno spazio davvero limitato - simboli inneggianti al nazi-fascismo presenti lungo la parete, posta esattamente dinnanzi al parchetto 7 Marzo, voluto per commemorare i lavoratori lecchesi prelevati e avviati ai campi di sterminio dopo gli scioperi del 1944. "Non aveva intenzione di deturpare o imbrattare un muro già imbrattato" ha asserito il difensore, focalizzandosi poi sulla svastica, definita "simbolo politico di una dittatura che si è resa responsabile di deportazioni e genocidio" e "giustificando" quindi il proprio cliente che, con uno strato di vernice, avrebbe così "interpretato il sentimento" di quanti si oppongono alla dietrologia nazi-fascista. "La sua volontà - ha così dichiarato l'avvocato nella sua breve ma intensa arringa - era quella di "migliorare" quel muro". Non lo ha abbellito ma può averlo migliorato" ha sottolineato, chiedendo l'assoluzione di Oliva perché il fatto a lui ascritto non costituisce o perché il fatto non sussiste e, in subordine, in virtù della tenuità dello stesso, trattandosi della mera realizzazione di un tondo di vernice per "schermare" la croce greca con i bracci piegati. Da parte sua, invece, il viceprocuratore onorario Pietro Bassi poco prima aveva chiesto la condanna del ragazzo al pagamento di un'ammenda da 400 euro, giudicando la parete oggetto del presunto deturpamento non di carattere storico e dunque non contestabile all'imputato il comma secondo dell'articolo 639 cp che prevede l'applicazione di una pena che va da tre mesi a un anno di reclusione e di una multa variabile da 1.000 a 3.000 euro. Il giudice monocratico Nora Lisa Passoni, sentite le conclusioni delle parti, ha assolto il ventottenne per tenuità del fatto.
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