Ci sono voluti 5750 giorni perchè il 16 ottobre 2007 la Corte Suprema di Cassazione riconoscesse la libertà e i diritti fondamentali della persona che versa in stato vegetativo permanente.6233 affinchè il 9 febbraio 2009 si desse continuità a questa sentenza con, nella fattispecie, l'epilogo della vicenda di Eluana Englaro, vittima di un'incidente d'auto la sera del 18 gennaio 1992. Ora la quantificazione del danno subito dalla famiglia Englaro (142mila euro), per il mancato rispetto dei diritti della figlia Eluana e della sua volontà, portata in Friuli alla clinica "La Quiete" dove i medici le hanno staccato il sondino naso-gastrico, ha riportato alla ribalta la decisione dell'allora governatore Roberto Formigoni che fece diramare tramite il direttore generale della sanità Carlo Lucchina una nota dove si vietava su tutto il territorio della regione la sospensione delle terapie.L'ing. Beppino Englaro"La coscienza è delle persone, la coscienza delle istituzioni dello Stato è rispettare le leggi e le sentenze" le motivazioni dei giudici espresse nella sentenza che stigmatizzano in modo chiaro l'atteggiamento, illegittimo, della Regione Lombardia. "C'era una sentenza del massimo organo giurisdizionale" ha commentato Beppino Englaro "lo sapeva e avrebbe dovuto rispettarla anche Roberto Formigoni. La coscienza delle persone è una cosa, quella delle istituzioni è un'altra e si misura comunque con il rispetto delle leggi. Solo lui si è ostinato quando la vicenda era di una semplicità estrema. Mai avremmo pensato di trovarci in una situazione simile quando c'erano leggi e sentenze chiare, che andavano solo rispettate". Trasferita di notte dalla clinica Talamoni, dove era rimasta per quasi vent'anni in coma vegetativo, fino alla Quiete di Udine, Eluana era morta il 9 febbraio e già la sua partenza da Lecco era stata al centro di polemiche e proteste di piazza da parte di chi si sentiva in diritto di poter impedire tale scelta, giudicata dalla legge legittima. "Non ho mai replicato" ha chiarito Beppino, spiegando il suo atteggiamento, pacato e dignitoso di fronte alle proteste "non potevo impedire a quelle persone di manifestare il loro libero pensiero e quindi sono andato avanti per la mia strada. Non avevo tempo da perdere e le mie energie dovevo riservarle ai momenti tragici che stava vivendo la mia famiglia. Io ho il massimo rispetto per tutti ma è mancato il rispetto verso Eluana. L'autodeterminazione terapeutica, ha detto la sentenza, non può incontrare un limite, anche se ne consegue la morte, e nulla ha a che vedere con l'eutanasia".Con un atteggiamento composto e dignitoso, mai sopra le righe nonostante gli attacchi feroci ricevuti pubblicamente, Englaro e la cara moglie Saturna erano andati avanti sulla loro strada, chiedendo il rispetto della volontà della figlia che, visto l'amico Alessandro in coma, aveva dichiarato "Se dovesse capitare a me, meglio morire"."In una lettera che Eluana ci aveva scritto per Natale parlava di grandi valori, invocando il rispetto di se stessi e degli altri. Ha insegnato tanto a noi e il compito mio e di mia moglie era quello di far rispettare la sua volontà. Mai però ci saremmo sognati una situazione così che si sarebbe protratta per anni. Ma abbiamo voluto fare tutto nel rispetto, dentro la società e nella legalità".In questi anni nessuno di coloro che, quella notte del 3 febbraio, hanno manifestato davanti alla clinica o impedendo il passaggio dell'ambulanza o con cartelli, tozzi di pane o bottiglie di acqua ha mai sentito il desiderio di incontrare Beppino, anche solo per uno scambio civile e personale di opinioni. "Eluana era una perla rara e ha insegnato prima di tutto a noi genitori il rispetto degli altri" ha concluso Beppino "Queste persone non sapevano e non sanno di cosa parlano. Ci sono sentenze chiare che vanno rispettate. E noi abbiamo voluto attendere il riconoscimento di questi diritti e poi darvi corso. Anzitutto per rispetto a nostra figlia e alla sua volontà".
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