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Olginate: il diario del tornitore Arturo Sala racconta la dura realtà della Grande guerra

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Un altro strepitoso successo per “Ragazzine vi prego ascoltare. Parole e canti della gente comune in tempo di guerra”, l’iniziativa promossa dall’Associazione Culturale “UPper” di Monte Marenzo e dal coro “Chichecanta”. Dopo le presentazioni al Lavello e a Monte Marenzo, infatti, è stata riproposta a Olginate nella serata di ieri, presso l’aula magna della scuola secondaria di primo grado “G. Carducci”, la lettura scenica di parti del “Diario della vita in guerra” di Arturo Sala, tornitore olginatese arruolato come fante nel primo conflitto mondiale.Claudio Sala, nipote di Arturo, con la moglie“Vorrei ringraziare la Pro Loco, che ha collaborato all’organizzazione dell’iniziativa, i famigliari di Arturo, Giovanni Aldeghi e Gianluigi Riva, che si sono occupati della prima riscrittura del testo, il coro “Chichecanta”, diretto da Renata Tomasella, l’Associazione “UPper” e Cristina Melazzi, che ha lavorato all’adattamento scenico del diario” ha affermato Paola Viganò, assessore alla cultura del comune di Olginate. “È bello vedere riunite molte persone desiderose di conoscere l’esperienza di un uomo semplice, che fino a poco tempo fa non conoscevamo nemmeno, nonostante fosse così vicino a noi, e che ha voluto tramandare al suo “buon lettore” e ai “giovani figli dell’avvenire” un importante pezzo di Storia”.Sergio Vaccaro, Chiara Burini, Simone Gambirasio“Con mio zio Arturo” ha raccontato Claudio Sala, nipote dell’autore del diario, “ho condiviso 26 anni di vita e di lavoro, ma nessuno della mia famiglia aveva mai pensato che potesse conservare dentro di sé simili esperienze, soprattutto perché, dopo il suo ritorno a casa, non aveva mai voluto parlare della guerra. Il diario è emerso casualmente solo dopo la sua morte e per tutti noi è stato un ritrovamento davvero sorprendente: la narrazione copre un arco di tempo di 14 mesi, dal maggio 1915 al luglio 1916, un periodo che ha segnato profondamente la vita di Arturo, partito da Olginate non ancora ventiseienne per il fronte sul Cadore, da cui fortunatamente è tornato sano e salvo. Le pagine, racchiuse in tre quadernetti distinti ed esposte in varie mostre del territorio, esprimono plasticamente i suoi sentimenti e le sue emozioni in quelle tragiche circostanze, in cui la scrittura e i canti popolari sembravano l’unico modo per rimanere ancorati alla vita. Quando abbiamo iniziato a cimentarci in una lettura approfondita del diario ci siamo resi conto che contenevano numerosi passaggi di alto livello letterario, molto suggestivi, con un’alta carica poetica: i brani rappresentano un grande patrimonio storico, ma anche letterario, considerando soprattutto il fatto che sono stati scritti da un semplice tornitore, un uomo con un livello minimo di scolarizzazione”.Ruggero Meles e Paola Viganò“Dobbiamo ricordare” ha proseguito Ruggero Meles, uno dei lettori del diario, “che la guerra di cui parla Arturo non è così lontana nel tempo, ma è dietro le nostre spalle, e incredibilmente vicina a noi: il conflitto, del resto, ha cambiato profondamente le vite di un’intera generazione, distruggendo città, boschi, montagne e soprattutto sogni. Come ripete spesso Arturo nel suo diario, infatti, la guerra è stata solo un “grande inganno”, che ha spinto un numero incalcolabile di giovani innocenti al macello per un “pezzo di terra”. L’autore sostiene con forza che nessuno ha conosciuto veramente quella realtà se non i soldati che l’hanno vissuta quotidianamente, soffrendo sui campi di battaglia in una lotta disperata tra la vita e la morte. "Particolarmente emozionante è anche notare come Arturo si rivolga frequentemente al lettore, come se sperasse davvero nell’attenzione di qualcuno alle sue semplici pagine: questa iniziativa ci sembrava il minimo che potessimo fare per far sì che la sua voce fosse finalmente ascoltata e che lui potesse ritornare almeno per qualche ora tra di noi. Il 20 febbraio, inoltre, è una data speciale: esattamente 100 anni fa, infatti, Arturo fu costretto a tornare nelle retrovie dopo pochi giorni di licenza, un episodio che ricorda con immenso dolore e tristezza. Nel nostro progetto, inoltre, è stato fondamentale il recupero dei canti popolari, un importante baluardo per i soldati per esorcizzare e sfidare la paura della morte: ognuno di loro ha ripreso le tradizioni del proprio paese d’origine, adattando testi e melodie alle proprie esperienze personali”.Per l’iniziativa, l’Associazione “UPper” non ha voluto coinvolgere attori e cantanti professionisti, ma semplice gente comune, nel rispetto della scrittura di Arturo Sala: le letture, infatti, dopo essere state adattate da Sergio Vaccaro e Cristina Melazzi, sono state recitate da Simone Gambirasio, “una giovane voce molto simile a quella dell’autore”, e Ruggero Meles, con la partecipazione di Chiara Burini sul versante dei canti popolari. Tra una lettura e l’altra, poi, si è esibito il coro “Chichecanta” di Monte Marenzo, accompagnato da Jessica Cattaneo alla fisarmonica: diretto da Renata Tomasella, ha incantato il pubblico presente in sala con alcuni pezzi strettamente collegati alla narrazione, creando un’atmosfera decisamente coinvolgente e suggestiva. La semplicità del racconto di Arturo, unita alla sua sorprendente dote nell’uso delle parole, e la bravura dei coristi hanno persino spinto i numerosi presenti a chiedere a gran voce un “bis”, subito accontentati con la ripetizione del commovente canto “Gorizia”.Una voce ferma e risoluta contro la guerra e la violenza, insomma, nel ricordo dei tragici fatti della Grande Guerra e di tutti quei giovani, olginatesi ma non solo, che, a differenza di Arturo, non hanno avuto la fortuna di ritornare nelle proprie case dopo il “grande inganno” del conflitto e riprendere a vivere e a sognare un futuro migliore.

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