Quantcast
Channel: Lecco Online > Ultimi articoli
Viewing all articles
Browse latest Browse all 66847

Metastasi: per la parte civile non si è estirpata la malapianta dell'ndrangheta da Lecco. Le requisitorie dei primi difensori

$
0
0
Il Palazzo di Giustizia di Lecco"Si tratta di richieste molto severe ma ce lo aspettavamo perché l'indagine è complessa, con una serie di reati gravi che consentono queste pene. La Procura non ha mai cambiato rotta, siamo certi che il Tribunale in maniera imparziale valuterà bene tutto l'impianto accusatorio che a parer nostro scricchiola moltissimo soprattutto in punto di configurabilità della criminalità organizzata e quindi del 416 bis. Non vediamo l'ora di esporre la nostra tesi difensiva che sarà sicuramente precisa e calzante nonché affronterà temi e aspetti sinora tralasciati dalla Procura". Questo il commento a caldo dell'avvocato Marcello Perillo, difensore di Mario Trovato (con il collega di studio Vito Zotti), dei suoi figli, della compagna Alexandra Ivanskhova e del valmadrerese Antonello Redaelli, al termine della requisitoria del pubblico ministero Bruna Albertini. Hanno già avuto modo invece di esporre le proprie conclusioni - diametralmente opposte a quelle a cui è giunto il Pm - i legali di Gian Giudo Mazza e Gaetano Mauri, primi a prendere la parola dopo l'avvocato Donatella Saporiti, parte civile per Palazzo Bovara, breve ma incisiva nell'associarsi alla pubblica accusa all'esito di un dibattimento vissuto - per sua stessa ammissione - "in posizione di terzietà". "Se l'istruttoria avesse dimostrato l'estraneità degli imputati alle contestazioni mosse nei loro confronti il comune si sarebbe detto comunque soddisfatto" ha infatti sostenuto, evidenziando come ciò avrebbe dimostrato l'efficacia delle precedenti indagini condotte in città, in grado di "sradicare la malapianta dell'ndrangheta a Lecco". "Così non è stato" ha tuonato lapidaria, attaccandosi alle intercettazioni telefoniche e ambientali quali prima fonte di prova, affermando come le stesse "dichiarino il vero" per poi arrivare a sostenere come a suo giudizio le testimonianze rese in Aula non abbiano "scalfito le tesi accusatorie", tutt'altro. "Che Mario Trovato sia chiamato Cipollino non vale nulla" ha poi dichiarato, ricordando l'appellativo dato al presunto "boss" da Ernesto Palermo e Antonello Redaelli in una conversazione. "Non avrà lo stesso spessore criminale del fratello ma nessuna attività viene messa in atto senza il suo permesso, senza che lui dica come ci si debba comportare". E ancora, in riferimento alla bega che sembrerebbe aver interessato un cugino dell'ex consigliere del PD e degli albanesi: "basta spendere il nome Trovato e i soggetti cambiano atteggiamento", a riprova della capacità di intimidazione propria della supposta organizzazione con base alla 046, composta da 'ndraghetisti che "hanno assunto una nuova veste", smettendo la coppola della tradizionale iconografia del mafioso. "Palermo sarà anche un personaggio sopra le righe ma alle sue parole sono poi seguiti i fatti" ha infine fatto notare l'avvocato Saporiti con un'espressione del tutto simile a quella scelta poco prima del pubblico ministero, prima di arrivare a rassegnare le proprie conclusioni, chiaramente solo in riferimento ai capi d'imputazione per i quali si è costituita e dunque alla presunta associazione per delinquere contestata a Mario Trovato, Massimo Nasatti, Antonino Redaelli, Saverio Lilliu e Antonello Redaelli nonché per l'istigazione alla corruzione messa in atto da quest'ultimo nei confronti dei nipoti per una modifica del Pgt di Lecco e l'episodio corruttivo ascritto all'imprenditore pescatese Claudio Crotta per la nota vicenda della strada nei pressi del Santuario di Lourdes da stralciare sempre dal Piano di governo del territorio. Ritenuto dimostrato il danno d'immagine ed economico patito dalla città, il legale ha chiesto per il primo punto una provvisionale di 50.000 euro e per i successivi due "il doppio di quanto domandato o effettivamente versato" quali "bustarelle", con ammontare complessivo "dell'acconto" pari dunque a 125.000 euro e cifra finale da quantificarsi in separata sede, oltre alle spese di costituzione. "Mi chiedo, qual è il controllo del territorio se nel territorio del Locale avviene un'estorsione aggravata ai danni del cugino del presunto boss" ha domandato nelle prime battute della sua requisitoria, invece, l'avvocato Alessandro Corrente difensore, insieme ai colleghi Veronica Fumagalli e Antonino Crea del barista di Valmadrera Gian Guido Mazza, balzato nuovamente agli onori della cronaca nell'ottobre scorso proprio per la denuncia citata dal suo legale, scaturita a seguito dell'arresto di due persone entrate pistola alla mano nel suo locale, pretendendo il ripianamento di un presunto debito contratto dall'esercente stesso. A processo per l'intestazione fittizia del night Morgot di via Marocco a Milano, Mazza - a detta dei suoi difensori - avrebbe però assunto la presidenza dell'associazione ricreativa meneghina - nel gennaio del 2010, cinque mesi prima della "costituzione" - secondo gli inquirenti - dell'associazione mafiosa che egli stesso avrebbe poi - sempre a giudizio delle Fiamme Gialle - favorito. "Di solito prima si crea un sodalizio, poi si compiono reati fine e dopo si hanno dei proventi da reinvestire" ha fatto notare l'avvocato Corrente, ricordando anche, così come poi ribadito dall'avvocato Fumagalli, come il nome del loro cliente compaia solo in "14 intercettazioni in mezzo a 40 faldoni d'inchiesta". Proposta dunque al collegio, per il valmadrerese, l'assoluzione perché il fatto non sussiste, stessa richiesta avanzata poi dai colleghi Poalo Camporini e Angelo Giuliano per Gaetano Mauri, indicato invece quale presunto socio occulto della Dbm Electronics, la società specializzata nel noleggio e nell'istallazione di slot, attraverso la quale il Locale avrebbe introitato denaro sporco. Quest'ultimi - in chiusura d'udienza - hanno contestato la formulazione del capo d'accusa relativo al loro assistito, ritenendo non si possa parlare né di riciclaggio né di impiego di utilità provenienti da fatti illeciti quanto semmai di ricettazione, sostenendo inoltre che parrebbe che al loro cliente si contesti sia l'aver favorito l'associazione sia l'utilizzo di metodo mafioso, due circostanze poi "nemmeno prese in considerazione" nel corso dell'istruttoria. Nessuna prova sarebbe poi - a loro giudizio - stata portata per dimostrare che effettivamente il signor Mauri non fosse solo un mero tecnico in servizio - senza contratto d'assunzione - alla Dbm quale mero "esecutore di direttive", inconsapevole degli eventuali "affari" dei suoi datori di lavoro.   Si torna in Aula tra 7 giorni.

Viewing all articles
Browse latest Browse all 66847

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>