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In ricordo di Febo Guizzi, studioso importante e amico generoso

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E’ passato un mese dalla morte di Febo, appresa con una telefonata casuale ricevuta da un appassionato di canto popolare, in vista di un convegno di etnomusicologi. Siamo stati in tanti ad essere tramortiti da una notizia incredibile per chi non sapeva della sua rapida e irreparabile malattia. Anche per questo ci è voluto un po’ di tempo per fare mente locale sulla importanza della sua scomparsa, anche per un museo lontano dai riflettori come il nostro, che però a Febo deve molto, come al suo maestro Roberto Leydi.Non ho le competenze professionali per giudicare l’importanza di Febo Guizzi come etnomusicologo accademico, docente prima a Ravenna e poi a Torino, e me ne dispiaccio molto, perché credo che meriti ben altro ricordo per lo straordinario contributo che ha dato alle ricerche e agli studi della musica popolare come fenomeno di rilievo antropologico. Ma so di avere perso un amico generoso e uno studioso capace di analisi profonde e originali, supportate da una curiosità e da una competenza vastissima.Ci eravamo conosciuti grazie a Roberto Leydi, di cui lui è stato il principale collaboratore e un intelligente custode della lezione scientifica. Non per nulla, nel film che Aurelio Citelli aveva dedicato alla storia e alla figura di Roberto, il protagonista cammina con Febo per le strade di Orta, dove avevano passato tante giornate insieme discorrendo tra la casa e lo studio/archivio di colui che è considerato, insieme a Diego Carpitella, il fondatore dell’etnomusicologia italiana contemporanea. Il nostro primo incontro significativo con Febo era avvenuto nell’ottobre 2003 a Castelnuovo Nigra per la consegna del Premio intitolato al grande folklorista piemontese, quando lui era seduto in prima fila a compiacersi, con Sandra Mantovani, per il riconoscimento che la mia ricerca con le sorelle Panzeri aveva avuto, grazie anche ad una lusinghiera presentazione di Roberto Leydi, da poco scomparso. Anche il Museo Etnografico dell’Alta Brianza, che aveva prodotto il CD Lombardia. Canti di tradizione familiare in Brianza. Le sorelle Panzeri, edito da Nota, cominciava così a farsi conoscere oltre la cerchia dei visitatori locali come luogo di ricerca e di studio etnoantropologico.Da allora si sono moltiplicate le occasioni per chiedere a Febo una mano nell’ideare, nell’organizzare e nel dare consistenza a convegni e a pubblicazioni che rimanessero nel tempo, con il MEAB, anche perché ci ritrovavamo spesso a Ceriana per la Settimana Santa, attratti dall’ospitalità di Demo Martini e dalla ricchezza dei canti della Compagnia Sacco, che Febo studiava come etnomusicologo insieme a Guido Raschieri, Ilario Meandri e i suoi allievi all’Università di Torino.Febo Guizzi a Ceriana (Im) nel luglio 2010, in occasione della presentazione del film del regista francese Hugo Zemp, Polifonie di Ceriana La Compagnia Sacco (Foto Maria Giovanna Ravasi)Dopo il Premio Nigra avevamo cominciato a collaborare, nel marzo 2005, per il convegno di Como sul Canto popolare: la tradizione, la ricerca, gli usi, quando a Guizzi avevo chiesto una relazione su Roberto Leydi e il canto popolare in Lombardia. Ricordo bene l’intesa con Febo, fatta anche solo di sguardi, nel valutare le prestazioni musicali che nell’occasione avevano offerto i diversi interpreti del patrimonio vocale tradizionale; ricordo anche il comune imbarazzo nell'udire le parole dette a vanvera (o peggio) sull'argomento, dal profeta ignorante di un ‘creativo’ pseudofolk laghée, acriticamente osannato dalle amministrazioni locali dell'epoca.Nel giugno del 2007 ci eravamo ritrovati a parlare di Leydi per l’inaugurazione della sala del nostro museo a lui dedicata, non a caso, che da allora ospita relazioni di ricerca, confronti tra studiosi e i loro interlocutori incontrati sul campo, come portatori di un patrimonio immateriale spesso misconosciuto.L’amicizia di Febo, però, si era concretizzata in maniera più evidente, tra il 2009 e il 2011 quando avevamo avuto l’idea di pubblicare per il MEAB il repertorio musicale brianzolo, fissato dalle registrazioni di Antonino Uccello, realizzate dal maestro siciliano quando nessuno considerava importanti i canti e le musiche di flauto di Pan della nostra tradizione orale. Senza l’intermediazione e il sostegno di Guizzi non avremmo concretizzato il progetto del libro con i tre cd audio, curato daRoberto Valota, che ha permesso di fare uscire dall’archivio dell’Accademia Santa Cecilia di Roma il copioso materiale inedito registrato tra il 1959 e il 1961. L’editore Squilibri lo ha poi pubblicato, per la nostra iniziativa, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, inaugurando una importante partnership con la Casa Museo Antonino Uccello che il maestro siciliano aveva fondato nel Siracusano, tornando a vivere a Palazzolo Acreide, da Cantù.Intanto, pensando al convegno su Conservazione e restauro nei musei etnografici lombardi, promosso nel 2010 dalla Rete dei musei etnografici lombardi, che sarebbe poi diventato un bel volume a cura di Fabrizio Merisi, avevo proposto il nome di Febo perché parlasse a Pescarolo dei problemi legati alla conservazione degli strumenti musicali. Sapevo dal suo allievo Giorgio Foti, che si erano occupati delle collezioni di strumenti del Castello Sforzesco di Milano. Scrisse, anche in quel caso, una bellissima relazione, in cui l’etnomusicologo si proponeva come raffinato museologo e antropologo.La collaborazione con Febo Guizzi è proseguita nel giugno 2013, quando al MEAB abbiamo organizzato con Res Musica il convegno su Roberto Leydi e la musica popolare. L’eredità scientifica e culturale in area lombarda, promosso all’interno del festival Voces.Febo Guizzi ascolta divertito l’intervento di Paolo Vinati, a fianco di Angelo Rusconi, nel convegno su Leydi a Villa Bertarelli giungo 2013 (Foto Mario Gennari)E’ stata una giornata per noi memorabile, che ha riunito studiosi e cantori, tra il museo la chiesa di Sant’Eusebio e lo spazio comunale di Villa Bertarelli, conclusa con un buffet speciale organizzato dagli Amici del MEAB e una serie di performance improvvisate di canto nel cortile della villaFebo Guizzi coinvolto nel canto dagli amici della Compagnia Sacco, nel cortile di Villa Beratrelli giungo 2013, in coda al convegno (Foto Mario Gennari)Musei e musica popolare avevano intanto trovato posto nei suoi studi e nelle sue riflessioni grazie all’esperienza del Museo del Paesaggio Sonoro a Riva di Chieri (Torino), allestito con la sua supervisone sul materiale oggettuale e audiovisivo raccolto in tanti anni specialmente da Domenico Torta. Lì avevamo pensato insieme di proporre la gita culturale annuale per le guide del MEAB, effettivamente organizzata nell’ottobre 2013 insieme a Torta e a Raschieri.Ogni tanto ci sentivamo per telefono, spesso per parlare di episodi che riguardavano l'inaccettabile cecità o malafede di quanti non comprendevano il lavoro e soprattutto la lezione scientifica di Roberto Leydi, non abbastanza compresa nella sua originalità e nel suo valore scientifico.Poi l’ultimo incontro, in un viaggio fatto insieme da Lecco e Premana, con relativo ritorno notturno. Era solo un anno fa, per l’Epifania 2015 quando eravamo stati invitati a commentare la presentazione del film e del libro di Renato Morelli Voci alte. Tre giorni a Premana. Mi aveva parlato delle sue parentele spoletine, delle importanti nuove ricerche avviate nella ex Jugoslavia insieme ai suoi collaboratori, del suo lavoro all’università a Torino e del mio dottorato che si chiudeva a Milano. Avevamo anche la passione comune per le corse in bicicletta. E lui, un po’ per scherzo ma non troppo, come docente ordinario, si era perfino proposto come commissario per la discussione della mia tesi, ben sapendo che non potevo fare io la proposta. Ma l’argomento gliinteressava tanto che avrebbe voluto leggere e valutare, con un misto di passione e di severità critica, la mia ricerca di antropologia del ciclismo. Per poi esprimere, con la sua bella voce profonda, un giudizio che sarebbe stato certamente ironico, come era sempre lui.Le sue conoscenze, la sua generosità e la sua ironia ci mancheranno molto, come i suoi auguri musicali che arrivavano in posta elettronica, ad ogni Natale, con le registrazioni storiche sulle tradizioni popolari che ha contribuito a farci apprezzare.

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