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Servizi Postali alla deriva

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Le ragioni della rottura delle relazioni industriali e dello sciopero regionale sono quelle di far scoprire le reali intenzioni del Governo e di Poste sull’universalità e socialità dei servizi, sull’unicità e sulla tenuta occupazionale della più grande azienda del Paese.Mentre in Lombardia, come in quasi tutte le realtà del Paese, è in corso una forte contestazione nel merito e nel metodo delle riorganizzazioni aziendali di logistica, recapito e servizi finanziari e Bancoposta, l’Azienda sferra una offensiva mediatica con varie interviste dell’AD Caio che rilancia nuovi servizi “digitalizzati”, solo teorici ma con nulla di concreto. Di contro, il Governo fa intravvedere in maniera sempre più concreta la possibilità entro l’anno di cedere sul mercato un’ulteriore quota del 30% di azioni di Poste. In tal modo, la quota detenuta dal Tesoro scenderebbe ben al di sotto del 50%, perdendo di fatto il controllo dello Stato sulla più grande azienda di rete e di servizi del Paese. La cessione al mercato di ulteriori quote di Poste ci vede nettamente contrari. E metteremo in campo tutte le azioni possibili per scongiurare questa sciagurata prospettiva.Lascia perplessi il fatto che, nonostante la motivata contrarietà dei sindaci e di tutte le rappresentanze politiche, sociali, delle comunità e dei lavoratori -compresa l’Unione Europea- l’azienda prosegua ed intensifichi le azioni di riorganizzazione del recapito a giorni alterni in tutto il territorio nazionale, senza nemmeno rispettare gli accordi e senza fornire dati sulle eccedenze. Insomma, venendo meno all’ABC della correttezza relazionale con le rappresentanze sindacali, e del rapporto con le istituzioni e con i cittadini/clienti.A ben vedere, questa strategia comunicativa improntata all’ottimismo è completamente scollegata dalla realtà quotidiana delle attività, dagli strumenti e mezzi messi a disposizione degli operatori che dovrebbero implementare e realizzare il Piano d’Impresa. Gli stessi investimenti vengono annunciati ma non realizzati. Si agisce solo sul contenimento dei costi e sulla riduzione degli organici: il turn over è letteralmente bloccato anche in Provincia di Lecco tanto che negli uffici postali mancano circa 30 impiegati.Dove sono stati chiusi gli uffici postali l’AD aveva previsto la presenza del Postino Telematico per garantire comunque i servizi ai cittadini, ma così non è stato. Si è trattato solo di una annuncio, anzi i Postini diminuiranno, in Provincia di Lecco perderemo circa 50 posti di lavoro, soprattutto in Valsassina e Valvarrone, dove gli uffici postali vivono già riduzioni di orario e dei servizi erogati;. Lo stesso metodo viene utilizzato per mistificare la realtà. Il tutto sembra una provocazione atta solo a dimostrare presunte resistenze interne al cambiamento. Mentre invece da sempre il Sindacato firma accordi, anche non facili da gestire con i lavoratori, tesi al rilancio degli investimenti, allo sviluppo dei servizi ed alla tenuta occupazionale.A fronte dell’ampio fronte che vede la saldatura fra le forze politiche e sociali, i rappresentanti delle comunità e dei lavoratori, il Governo e l’Azienda rispondono con la provocazione della ulteriore cessione al mercato del 30% delle quote di Poste e con l’intensificazione della riorganizzazione del recapito a giorni alterni in tutto il territorio nazionale. Con perdita della socialità del servizio ed abbandono del presidio del territorio.Una logica solo tutta economica e del profitto che prevale sugli interessi generali del Paese. Le vicende di precedenti scelte di questo tipo (vedi Telecom) porteranno inevitabilmente anche alla perdita di identità ed unicità con “spacchettamenti”, cessioni di rami d’azienda e di attività, con scelte diverse dall’interesse più generale e strategico del Paese. Con perdita anche di posti di lavoro.L’enorme massa di comunicazioni e dati che ora Poste controlla, proponendosi anche come gestore della digitalizzazione per il sistema paese, potrebbero essere controllati e gestiti da altri che hanno interessi e finalità ben diversi, e magari contrari a quelli del “bene comune” per la nostra comunità.

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