La recente pronuncia del Consiglio d’Europa – che ha accolto un ricorso della Cgil - ha riacceso, nonostante il maldestro tentativo di spegnere sul nascere le polemiche da parte del ministro Beatrice Lorenzin, i riflettori sulle interruzioni volontarie di gravidanza ed in modo particolare sulle “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi riscontrate in Italia, nonostante le prescrizioni della Legge 194 (per leggere l’articolo de Il Fatto Quotidiano sul punto, clicca qui). Per tracciare una panoramica ristretta alla nostra provincia abbiamo chiesto l’aiuto della dottoressa Ivana Bassani – responsabile dei Consultori familiari in capo fino allo scorso anno all’Asl ed ora inglobati nella vecchia Azienda Ospedaliera diventata ASST per effetto della riforma della sanità targata Maroni – che ci ha messo a sua volta in contatto diretto con l’assistente sociale che coordina questo tipo di attività nonché al dottor Rinaldo Zanini, direttore del Dipartimento Materno Infantile e dunque delle strutture di Ostetricia e Ginecologia chiamare a erogare anche questo genere di prestazioni. Ivana BassaniNon avendone contezza diretta non possiamo mettere la mano sul fuoco ma per come viene presentato, l’intero percorso, soprattutto per quanto riguarda Lecco, appare assolutamente lineare e “a favore” di donna. Primo step per arrivare poi a porre fine ad una gravidanza “indesiderata” o per una qualsiasi ragione “insostenibile” è l’ottenimento del certificato medico necessario per accedere ad una qualunque struttura pubblica o privata convenzionata. “All’interno della nostra Asst sono state predisposte due sedi per il rilascio di tale certificazione” ha spiegato la dottoressa Bassani. “Si tratta del presidio di via Tubi a Lecco e di quello di Cernusco, scelti perché maggiormente collegati agli ospedali di riferimento e quindi al Manzoni del capoluogo e al Mandic di Merate”. Telefonando si viene così ammesse ad un colloquio di accoglienza, durante il quale come primo aspetto viene verificato se effettivamente la gravidanza è entro le prime 12 settimane: l’aborto è consentito infatti – per legge – nei primi 90 giorni di gestazioni (con l’introduzione, nel febbraio scorso, di una “maxi sanzione” aumentata da 50 euro fino a 5-10 mila euro per la donna deve pagare per interventi fuori dai limiti o effettuati in strutture non idonee). Se ritenuto necessario, la richiedente può chiedere poi di essere messa in contatto con operatori specializzati come per esempio lo psicologo altrimenti le viene fissato per via ordinaria un appuntamento con l’assistente sociale che valuterà la sua storia e le motivazione per le quali è intenzionata ad abortire, indagando dunque sul “cosa c’è dietro” a tale decisione per poi proporre forme di aiuto alternative all’interruzione della gravidanza, se ritenute percorribili, mettendo a disposizione dell’utente l’intera equipé dedicata del consultorio ed eventualmente mettendola in contatto – nel caso decida di tenere il bambino – con i servizi di sostegno o realtà come il Centro Aiuto alla Vita (CAV). Se invece la donna appare determinata a proseguire il percorso, viene indirizzata dal medico – non obiettore – che, dopo averla visitata, firma il certificato da presentare all’ospedale, quasi come fosse un “lascia passare”. “L’intervento non può essere fissato prima di sette giorni di riflessione” ricorda l’assistente sociale, puntualizzando come da anni, a Lecco sia attivo un canale diretto tra il consultorio e il Manzoni che consente alla paziente di accedere direttamente alla lista d’attesa di fatto lasciando via Tubi con il pre-ricovero già prenotato, senza doversi attivare personalmente per l’accettazione. “Questo percorso è uguale per tutti, sia per le interruzioni di gravidanza effettuate con metodo chirurgico – per aspirazione – sia per chi sceglie invece il metodo farmacologico” aggiunge poi la professionista, precisando soltanto come in caso di utenti minorenni sia richiesto l’assenso di entrambi i genitori o del tutore (in caso di ridotta o sospesa podestà genitoriale) se non del giudice tutelare (se non è possibile coinvolgere la madre e il padre).Il dr. Rinaldo ZaniniSono sei – pari a circa un quarto dei camici bianchi in servizio sui due presidi – i ginecologi dell’Asst di Lecco non obiettori di coscienza e dunque affidatari delle due sedute settimanali – una a Lecco e una a Merate – dedicate alle interruzioni volontarie delle gravidanze. 230 gli aborti registrati nel 2015 al Manzoni e 132 quelli al Mandic, dati entrambi in calo rispetto agli anni precedenti (nel 2014 erano stati rispettivamente 240 e 159). Residuale, sul totale, il numero di IVG praticate per via farmacologica (con tre giorni di ricovero previsti dalla normativa) rispetto alla stragrande maggioranza degli interventi effettuati “tradizionalmente” e dunque in day-surgery con le pazienti che vengono “accolte in un’ala separata dalla maternità, per rispetto e riservatezza” come spiegato dal dr. Zanini. Quest’ultimo, confermando una fetta consistente delle utenti sia di origine straniera e come il trend delle richieste di tale servizio sia nel complesso, nel tempo, in costante diminuzione, attribuisce il merito di questa tendenza all’ottimo funzionamento “delle politiche e del supporto che i consultori familiari riservano alla gravidanza consapevole”, assicurando infine come, lasciando da parte l’ideologia, l’Azienda abbia “sempre cercato di rispettare la volontà delle donne, “accompagnandole” per quanto possibile in un momento così dedicato”.
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