Marco CalvettiIn questi giorni attraversando il centro città, da piazza Manzoni alla Basilica, trecento metri o giù di li. Ho contato quindici mendicanti, undici dei quali mi hanno chiesto l’obolo. Non la solita monetina, ma i soldi per la brioches e il cappuccino, oppure per acquistare cibo e pannolini per una figliolanza che fa impallidire la nostra azzerata natalità. Vien da dire che il mondo è salvo e che la prolificità degli immigrati compensi il sempre più frequente, un figlio solo e pedalare. Ma poi c’è il problema spicciolo, è il caso di dirlo, del nostro atteggiamento combattuto tra generosità e impossibilità di evadere tutte le richieste. Non ho bisogno di lavarmi la coscienza perché da sempre ho le mani bucate e il cuore tenero, ma a tutto c’è un limite forse è opportuno che polizia locale e polizia di stato, già in azione con un notevole spiegamento di uomini, siano vigili in centro e in periferia anche per smascherare chi mendicante non ci è, ma ci fa. A me capita, quando torno a Sondrio, di incontrare quattro o cinque figure che ho conosciuto a Lecco. Pur non essendo fisionomista le loro modalità e i loro atteggiamenti mi confermano che siano questuanti da trasferta, in grado di organizzare e scegliere le piazze secondo i giorni. Neanche fossero ambulanti e mercanti. Segnalo poi quel budello di pochi metri che introduce allo Sma, in via Roma, occupata letteralmente da mendicanti parcheggiati con cani e viveri che ingombrano il passaggio delle anziane cariche di borse e di fatica. A impedirmi di svicolare dal tema provvede ogni giorno papa Francesco che con il giubileo della misericordia e la quotidiana mozione all’accoglienza rende ciascuno di noi più fragile rispetto agli egoismi e a quella ricerca del benessere e del voluttuario che Bergoglio non perde occasione per demonizzare. Senza entrare negli antri teologici e nelle missioni evangeliche, come conciliare il dovere della compassione, cioè della condivisone della sofferenza con l’impossibilità di elargire un obolo con frequenza sistematica?. Nell’epopea delle porte aperte sancite dal Giubileo, dall’Africa a Lecco passando per Roma, ci viene incontro lo stesso papa Francesco che mette in guardia i fedeli davanti alle richieste di soldi nei dintorni delle Porte Sante. “La salvezza non si paga e le truffe sono sempre in agguato” parole di Sua Santità che ci insegnano come la metafora delle porte aperte non è un lascia passare buonista senza limiti e controlli, perché è un conto entrare nei luoghi sacri e profani dell’accoglienza civile, altro è ridurre il mondo ad un saloon.
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