Mauro LovisariUn’altra inchiesta della Magistratura sta riempiendo le pagine dei giornali, quella riguardante l’odontoiatria ambulatoriale gestita dai Service Privati nell’ambito dell’attività ospedaliera pubblica. Una pratica in uso da più di un decennio che, partendo dalla prima apprezzabile esperienza nei Presidi Ospedalieri dell’A.O. di Vimercate, si è successivamente espansa in gran parte della nostra Regione, perdendo tuttavia progressivamente, a quanto sembra, quelle caratteristiche positive che li avevano caratterizzati e che ne avevano determinato l’adozione.Dall’inchiesta emergono ora aspetti che, se confermati, sono gravi sia dal punto di vista della responsabilità penale delle persone coinvolte, sia da quello degli abusi commessi (scarsa qualità delle cure, irregolarità contabili), sia da quello delle conseguenze negative sugli assistiti. Anche all’A.O. di Lecco, sin dal 2011, si è studiata e realizzata una partnership nel settore odontoiatrico, ma non con il privato, bensì con l’Università Bicocca, creando un’alleanza fondata sulla garanzia della qualità della cura da garantire al cittadino; la sperimentazione messa in atto, che aveva dato buoni risultati anche dal punto di vista dell’individuazione di patologie gravi del cavo orale, non fu ritenuta suscettibile di ulteriore proroga da parte di R. L., pur avendo l’A.O. previsto, nel suo proseguimento, il coinvolgimento degli specialisti odontoiatri già operanti in Azienda. All’Asl di Sondrio, come in altre province lombarde dove erano presenti i Service Odontoiatrici, il severo controllo delle cartelle cliniche degli interventi odontoiatrici sono tuttora un buon deterrente contro ogni irregolarità. Il problema, in questo caso, è semmai quello di incrementare la capacità di controllo dei NOC (Nuclei di Controllo Operativo) e di lasciare loro la massima autonomia per scongiurare gli abusi.Mi sfugge, tuttavia, il nesso fra l’inchiesta di questi giorni e la Riforma della Sanità Lombarda, che molti ora chiamano, con un chiaro secondo fine, Riforma Rizzi. Per chi ha buona memoria, il primo brogliaccio della riforma, a firma Fabio Rizzi, risale alla primavera del 2013, ed è stato oggetto di critiche anche feroci, nonché di successive correzioni ed integrazioni, fino ad arrivare ad una stesura finale, nel 2015, frutto di un’integrazione fra tre o quattro versioni scritte da partiti diversi, non ultima quella di un importante partito di opposizione.Pur non nascondendo la mia appartenenza politica, io mi ritengo un tecnico che, dopo vent’anni di direzione di Aziende Sanitarie Pubbliche e Private Accreditate, può affermare con orgoglio che il nostro modello di sanità è tuttora fra i più performanti e che i nostri medici, infermieri, tecnici ed amministrativi sono fra i migliori nel panorama nazionale. Del resto anche la “customer satisfaction”, la soddisfazione espressa dai nostri assistiti (che in molte altre regioni è un acronimo privo di significato) è fra le più alte nel Paese. E questo accade soprattutto negli Ospedali del lecchese, dove la soddisfazione del Cliente viene rilevata da anni, sia a livello di accoglienza che di trattamento alberghiero, che di rapporti con gli addetti ai lavori.E’ per questo che in un momento così delicato di cambiamento, mi ribello alla speculazione in atto, al fare di tutta l’erba un fascio, ed invito tutti a concentrarci in un dibattito costruttivo, per dare gambe al progetto di una riforma che va verso l’integrazione dei servizi alla persona, per aiutare i nuovi Direttori anche nell’ambito di competenza delle nuove Aziende Sanitarie lecchesi. A questo fine, credo che il dibattito si debba concentrare su tre grandi capitoli:1. come coinvolgere, nella riprogettazione delle attività ospedaliere e territoriali, i rappresentanti dei lavoratori e dei professionisti, non esclusi i Medici di Famiglia;2. quale strategia adottare affinché i Presidi Ospedalieri non siano in concorrenza fra loro, ma sappiano integrare le loro capacità per essere ancora più efficaci ed efficienti;3. come trovare le risorse necessarie per valorizzare al massimo le risorse umane (soprattutto i giovani presenti in Azienda), per tenere il passo con il progresso tecnologico (troppe macchine ed attrezzature sono obsolete) e per mettere a norma le strutture ( adeguamenti chiesti dall’autorità europea).E’ su questo che è opportuno misurarci ed è a questo che dobbiamo dare un contributo, anche attraverso le pagine di questo giornale elettronico. Il primo ed il secondo punto sono di esclusiva competenza della nuova Direzione Aziendale, ed occorre lasciare al Direttore Generale Dr. Manfredi il tempo necessario a ridisegnare il futuro della sanità lecchese. Viste le sue recenti e positive prese di posizione riguardo all’Ospedale meratese, credo che egli saprà raggiungere i due obiettivi più importanti: consolidare la potenzialità operatoria e di assistenza ospedaliera a Merate e rendere positivamente integrati fra loro i Presidi Mandic e Manzoni, senza depotenziare le capacità tuttora presenti nei due Ospedali.Personalmente non credo sia giusto suggerire al nuovo Direttore cosa si debba fare nell’uno e nell’altro Ospedale e chi debba essere a dirigere Specialità e Dipartimenti; il suo curriculum è una garanzia sulla sua capacità gestionale. Ritengo altresì sbagliato formulare accuse ad alcuni Primari che gestiscono ad interim le attività nei due Presidi Ospedalieri, senza analizzare i risultati della loro attività prima di lanciare accuse o anatemi.Il problema della fidelizzazione dei cittadini e della loro possibile mobilità verso altri Ospedali è sicuramente importante e bisogna pianificare le strategie atte ad aggredire la mobilità passiva e ad attivare l’attrattività; una di queste strategie è una maggior presenza ambulatoriale dei medici (soprattutto dei Primari) nel territorio con la possibile creazione di nuovi POT (Casatenovo è un ottimo candidato). Diamo tempo a chi dirige l’Azienda di formulare le sue proposte, che devono essere condivise dalla Sua Squadra per avere successo. Se servirà un Primario in più, sarà la stessa Direzione ad individuarne la strategicità, ma all’interno di un progetto complessivo che ha la facoltà di stilare autonomamente.Per quanto riguarda le risorse utili a predisporre le azioni necessarie all’attuazione dei tre obiettivi indicati al punto tre, è pur vero che tutto dipende dalle disponibilità messe a disposizione dalla Regione, ma è ugualmente strategico procedere in tempi brevi alla loro esatta valorizzazione, per sottoporle al nuovo Assessorato al Welfare, non mollando poi la presa, così come è avvenuto nel passato per le tante realizzazioni fatte con il contributo regionale in conto investimenti.Concludo cercando di dare un contributo di idee operative: per la realtà meratese non si facciano passi indietro (Dipartimenti, Pneumologia, Cittadella della Salute), ma si facciano passi in avanti (Letti di Riabilitazione, pieno utilizzo del nuovo Blocco Operatorio, Osservazione Breve in PS, coinvolgimento di Rete Salute). A livello aziendale non si mettano in secondo piano le opportunità (Villa Eremo a Lecco e Villa Mira a Garbagnate Rota) e non si abbandoni il progetto di cooperazione con Università Bicocca che, come avvenuto per Politec, può dare ulteriore slancio al territorio.Questo significa ripartire dalle cose e dalle persone per assicurare il successo alla Riforma della Sanità lombarda, che è un progetto nobile e coraggioso, anche se complesso.L’inchiesta sull’Odontoiatria ambulatoriale è altra cosa, non meno importante e complessa, ma non mette in discussione il progetto di riforma; l’inchiesta è materia di competenza della Magistratura, che deve fare i suoi controlli e giudicare le persone indagate. E’ per questo che trovo assurdo che si facciano i processi mediatici, magari per un tornaconto politico, magari coinvolgendo persone che, al termine di lunghe inchieste, possono anche rivelarsi estranee alle accuse loro formulate.
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